Notturno Bianco

di Alfio Petrini - Roma Marzo 2004









AMNESIA VIVACE

On line numero maggio www.amnesiavivace.com

"NOTTURNO BIANCO"


di

Gian Maria Tosatti



Tosatti afferma che "Notturno bianco non è uno spettacolo. E’ un’esperienza, un campo di ricerca, per chi lo fa e per chi vi assiste. Gli spettatori sono condotti in un bagno pubblico dove possono guardare, spiare, quarantacique minuti qualsiasi di un disabile mentale impiegato nel lavoro socialmente utile di guardiano dei gabinetti". Bene. Vediamo il rapporto tra le affermazioni di principio e le realizzazioni pratiche. 

Date le premesse, la performance d’attore doveva accadere in un vero bagno pubblico (perché no?), invece che nei bagni o camerini in costruzione del nuovo teatro Campo Barbarico, diretto da Marcello Sambati. (L’anima inquieta quando smetterà di aprire spazi teatrali?) E poi, il performer doveva recitare, non recitando, per dirla con una battuta. In altre parole doveva liberare la comunicazione da ogni aura retorica a favore di puri e inequivocabili accenti di verità. Di verità si muore, ma - data la strada segnata dal gruppo – non posso sottrarmi dal verificarne la quantità/qualità presente nell’opera teatrale che ho visto. Se la verità – derivante dalla scelta del realismo minimalista - non c’è o è carente, significa che il performer non è stato in grado di compiere il processo di disvelamento che era necessario e da cui dipendono l’annullamento o la riduzione ai minimi termini dello scarto tra il personaggio e la persona, la originalità dei contenuti, la credibilità delle forme, il fascino della presenza, la cattura dell’attenzione dello spettatore. In "Notturno bianco" il tremore delle mani, lo sguardo da matto, le improvvise esplosioni, i sussurri (tradotti in "soffiati") portavano l’impronta della tecnica, la pesantezza della carne e la superficialità dei moduli espressivi, a posto della leggerezza del corpo e delle forme organiche. La scarto era evidente. I risultati non autorizzano a parlare di "esperienza".

Per lavorare sulle forme organiche bisogna essere attori "messi in forma", come direbbe Barba, cioè allenati a pescare negli abissi della soggettività nascosta. Ma quanti hanno quest’abilità? Una mano è più che sufficiente per contarli, perché la formazione – volenti o nolenti – è ferma sostanzialmente ai primi del Novecento, è impantanata nelle presunte tecniche o psicotecniche della recitazione, impegnata a separare il corpo dalla voce, impreparata a far cantare la parte immateriale attraverso quella materiale dell’interprete, tanto per citare alcune questioni.

La verità sta nell’ombra. Non mi è sembrato che "Notturno bianco" fosse illuminato dalle ombre prodotte dai processi vitali. Negare lo spettacolo vuol dire negare la rappresentazione, e va bene; ma se le forme non sono organiche, non sono credibili e se le forme non sono credibili, viene meno l’obiettivo primario del progetto. Lo spettacolo o l’evento finisce per non avere anima. Non avere mistero, filìa, poesia. Senza metodiche appropriate e uomini "messi in forma" non si fa alcuna "esperienza" degna di questo nome e alcuna ricerca innovativa sui rapporti tra teatro e vita, rischiando allo stesso tempo di caricare d’ambiguità termini come "non spettacolo" e "performer". La regola è inesorabile. Tosatti ha smentito Tosatti.

Ritengo invece di dover manifestare apprezzamento nei confronti della proposta drammaturgia che l'autore definisce "relativa", perché aperta a possibili "ricostruzioni" personalizzate. I frammenti, legati da connessioni interne, mai esplicitate, sono messi in preventivo in modo da determinare nella fase successiva una situazione caotica di codici espressivi, tale da favorire la creazione di significati di rimbalzo e di silenzi che possono essere riempiti individualmente. Questo è possibile, come ho già accennato, a condizione che ci sia una relazione di perfetta corrispondenza tra scrittura drammaturgica e scrittura scenica, nel quadro generale di un sistema di coerenza tra teoria dell’ipotesi di lavoro e pratica realizzazione del progetto. In un’epoca in cui la parola è stata uccisa dalla cultura, l’idea dalla ideologica, l’istinto dalla ragione, il pensiero del corpo dall’edonismo, si assiste alla euforizzazione di pratiche fabulatorie che galleggiano sulla chiacchiera più o meno fascinatoria e che sono destinate a dare soltanto una spolveratina alla tradizione immobile. Ebbene, in un momento come questo, il lavoro di Tosatti merita attenzione e considerazione, anche nella prospettiva di una proposta che sia artisticamente più compatta e più matura. (Alfio Petrini). 

In collaborazione con Comune di Roma – Municipio IX – Assessorato Scuola Turismo Sport
e Dark Camera – Campo Barbarico


Teatro Furio Camillo – Teatro Barbarico, marzo 2004, Roma

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