MEO PATACCA

 


Al Teatro Tordinona torna la voglia di ritrovarsi con un nuovo progetto identitario: << Il Meo Patacca >> di Renato Giordano, che proprio la romanità vuol rilanciare. 

 di Vincenzo Sanfilippo.

 Tra i convenuti, alla prima di Meo Patacca di Giordano, si avvertiva voglia di versatilità aggregatrice: riempire la platea e farla palpitare.  L'importanza dell'opera, si diceva ( lo confidava Lucarini agli amici ) è quella che si pone innanzitutto di voler riedificare a Roma un teatro identitario, onde evitarne il declino,  laddove si può tramandare tutta una serie d'informazioni sulla lingua romanesca, le usanze, le abitudini ed i costumi del popolo romano dell'epoca;  soprattutto  attraverso la messa in scena di nuovi  testi teatrali realizzati con una fonetica e una grammatica diverse dall'italiano standard e corredati con inserimenti  di cultura tradizionale  di Roma. L'iniziativa nasce dal desiderio di promuovere e dare nuova linfa alla lingua romanesca nelle opere letterarie declinate nelle forme di drammaturgia, poesia e canzone. 

È molto interessante l’allestimento realizzato da Renato Giordano che ha ben saputo tramutare i canti poetici dell’antica opera, in un proprio testo ben dialogato in romanesco contemporaneo, scenicamente performato in quadri scansionati tra spazio scenico e spazio retro-scenico. È questa la forza di Giordano che, come direttore artistico, ha dimostrato nel tempo di saper realizzare un teatro dalle molteplici traiettorie espressive capaci di abbattere ogni forma di frontiera. Ovvero fare teatro in questa contemporaneità vuol dire parlare a tutte le culture, dar vita ad un terreno comune d’incontri. Trovare soluzioni e linguaggi pertinenti per raccontare a teatro la nostra perturbante anche trasgressiva contemporaneità, in un momento storico complesso e drammatico, impossibile negarlo.  Ma il teatro pensato e realizzato da Giordano scaturisce anche all’insegna della polifonia culturale simile ad un intreccio di rimandi interdisciplinari che hanno creato ciò che è il teatro contemporaneo, capace di creare dialogo e percorsi anche oltre confini geografici e/o di epoche. Con questo spettacolo prettamente romanesco c’è la voglia di radicarsi nel territorio cittadino o, meglio, trasteverino in cui è ubicato il Tordinona; quindi generare comunità, matrice identitaria di questo antico suo teatro. Probabilmente anche la necessità di dialogare anche con il mondo che quotidianamente vive e attraversa Roma con le tante tipologie di pubblico delle più svariate provenienze che abitano la capitale. 

La prima teatrale di questo allestimento è avvenuto a platea piena con un distinto pubblico romano. Dall’inizio alla fine lo spettacolo è effervescente, fervido, piacevole, in quanto in equilibrio tra le contrapposte forze centrifughe dei vari elementi narrativi, le varietà dei personaggi, le contraddizioni belligeranti e le tentazioni trasgressive alimentate dagli interpreti di un vigore antico, che sembra scaturire da un’energia sotterranea che anima il testo scritto diretto e interpretato da Renato Giordano. Insieme a lui sul palco, molto apprezzati gli interventi espressivi di Gegia, Ettore De Luca, Francesco De Silvestris, Emanuela Fantozzi, Francesca Foglia, Letizia Frezza, Roberto Gagliardi, Pirjetta Iannone, Alessandro Lotrione e Nunzia Plastino. Costumi pertinenti di Giulia Mininni, canzoni dei cantautori: Luciano Rossi come “Ammazzate ‘o” ,  e il brano punk-rock intimo e struggente “Amor” di Achille Lauro. 

 

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