Schegge d’’autore
a cura di Renato Giordano direttore
artistico
Rassegna Festival della Drammaturgia Italiana giunta alla XX Edizione.
<< L’autore di teatro oggi ed
il genere del corto in Italia>>.
L’ antologia a cura di Renato
Giordano, costituita da 10 autori, porta in prima di copertina una interessante tematica << L’autore
di teatro oggi ed il genere del corto in Italia>>; e inoltre una cronistoria dello SNAD dove nelle prime pagine Giordano redige un
compendio storico riguardo la “costituzione giuridica” redatta dai
migliori drammaturghi dell’epoca. I costituendi si riunirono il 3
settembre 1945 nei locali della prestigiosa Biblioteca teatrale del Buccardo,
con a capo il loro primo Segretario Nazionale, il commediografo Luigi Chiarelli,
autore di “La Maschera e il volto”, impegnandosi di tutelare la
drammaturgia italiana.
Ma, dal dopoguerra ad oggi molte cose
sono cambiate. Intorno agli anni 2000, gli enti e
strutture che si occupavano del Teatro di Scrittura sono stati chiusi,
cancellati o integrati in altri organismi non adeguati. Lo SNAD esiste ancora e
continua la promozione autorale realizzata da Renato Giordano, Segretario
Nazionale dal 1994. Di questi trascorsi anni si vanno a
ricomporsi nella nostra memoria numerosi nomi di autori, registi e attori, che
a scadenza annuale hanno aderito; impegnandosi in relazione l’un con l’altro, a
portare avanti Schegge d’autore. In questo “voler porsi in relazione”
credo vi sia un volere equipararsi alla qualificazione di un “gruppo”, un voler
con il loro impegno a ben figurare nel panorama tra i nuovi autori. A tal
proposito Renato Giordano, ideatore e direttore della Rassegna Schegge
d’autore, dedicata esclusivamente alla nostra drammaturgia contemporanea,
praticamente autogestista dagli autori attraverso lo SNAD, afferma:<< da
un nascente “gruppo” inizialmente in fase di crescita e di puntualizzazione,
nel tempo abbiamo visto maturare degli autori teatrali (ma anche degli attori e
registi) grazie ai corti di “Schegge”, fino al punto di spingermi ad affermare
più volte che esiste ormai una nuova generazione di autori (e Interpreti)
teatrali formatisi grazie alla verifica del loro lavoro avvenuto con la
rassegna teatrale diventata nel tempo, unione di intenti e fusione di
intuizioni per un fine comune.
Rileggendo l’esauriente volumetto pubblicato da Ediz. Pagine,
posso affermare, riguardo questi 10 autori ed altri
che ho seguito con interesse da ben venti anni, di aver rilevato
- in ogni loro lavoro - diversificati ma sostanziali processi
operativi riconducibili al loro metodo nella elaborazione, nello snodarsi di
ogni testo, dove vengono attivati processi di pensiero scenico in grado di
esplorare le molteplici declinazioni della parola monologante o delle battute
dialoganti, fin nelle pieghe più evidenti o più nascoste nel sottotesto, con tutte le
connessioni e i rimandi interpretativi che si vogliono dare. Di fatto le tecniche
di scrittura drammaturgica, sia nei monologhi o nei dialoghi, costruiscono “forma e
contenuto”, quale sostanza e valore immaginario della parola
teatrale, la cui originalità creativa scaturisce da una efficace polisemia
scritturale in cui le parole hanno la valenza di esprimere più significati. Ciò
avviene attraverso processi intuitivi, segrete suggestioni, nucleo di
avvicendamenti compositi, finalizzati a definire
una scrittura drammaturgica molto professionale.
Per tale motivo gli autori di schegge
(oltre che far recitare i propri personaggi sulla pagina scritta) hanno un
assoluto bisogno di immaginare e materializzare fisicamente il personaggio sul
palcoscenico. Per cui l’annuale rassegna teatrale richiede agli autori in
concorso di presentare al pubblico, e ad una giuria, il
proprio corto teatrale non solo come testo scritturale ma come verifica di
palcoscenico, dove l’esigenza non è solo di poetica
artistica, ma anche di efficacia scenica. Come negli
allestimenti che abbiamo visto realizzati durante il trascorso XX festival di Drammaturgia Italiana Schegge
d’Autore, dove ho rilevato
che nella loro messinscena le parole
del testo diventano
“Luoghi scenici”: ovvero
qualcosa di scenicamente compiuto.
Una struttura
letteraria definita non solamente come semplice lettura delle testo verbale corredato delle indicazioni più o meno pertinenti per la
scena, ma bensì come
rappresentazione teatrale che, essendo una meccanismo più ampio, fa emergere varie
possibilità di ritmi scenici, dove le forme dialoganti costruiscono la trama di
pensiero, trasmettono contenuti, molteplici varianti e possibilità della dimensione creativa data dal
palcoscenico. Viene dunque conferito al
testo una ulteriore dimensione costituita da altri coautori: regia, attori,
scenografia e costumi, musica, illuminotecnica, i quali con il loro apporto
professionale contribuiscono all’efficacia scenica del testo rappresentato.
Presentiamo i
titoli corredati da una brevissima sinossi.
Dove
inizia l’inferno
di Sara Calanna e
Gioacchino Spinozzi, il “ luogo metafisico ” è la camera ardente della lussuria
da cui Paolo e Francesca,
anime irrelate in un bacio, conoscono solo quella brama, ma senza nessun
godimento del piacere. Testo ispirato al
quinto canto dantesco. I dialoghi tra Lui & Lei reinventati con godibile comicità in un linguaggio medievaleggiante, è
articolato con caustica parodia amorosa che erotizza e fa dilatare i pensieri. Per evadere da
quella stanza, giocoforza, devono bypassare e traghettare: dal loro girone dei
lussuriosi a quello dei sodomiti e oltre quello degli iracondi e
degli invidiosi.
Corrompono Minosse adulandolo con false lusinghe. Lui, Paolo di Girone in Girone, riesce a salire e intravedere Beatrice.
Lei: E’ carina? Dimmi
amor mio, è morbida od ossuta? Scattano le gelosie…
La
buca nel sottoscala
di Violetta Chiarini, ambientata nel 1943 in un paesino umbro bombardato dagli
anglo-americani, ha per protagonista una quarantenne, moglie e madre saggia,
rappresentata con ironia, che parla e straparla con un marito silente che sta
scavando una buca segreta nella loro villetta. Ecco ancora un
“ non luogo metafisico” una buca dove sprofondarsi dentro la Terra della
memoria coniugale, ovvero uno sprofondarsi tragicomico in quel straparlare nel vuoto, nell’apparente
fenomenico abisso della verità.
Solo
per amore di
Anna Hurkmans,
adattamento teatrale di Mirella Spinozzi e Sara Calanna, rappresenta il lucido
delirio di una ex… nella subalternità del significante: da
Cenerentola a prostituta, che ha
soffocato la propria figlioletta. La madre
si difende dal suo
delitto dando tutta la colpa agli uomini, marito compreso, che l’hanno
sfruttata e umiliata. Qui in questo “ testo atroce” si tenta di mostrare l’esistenza di una discolpa
all’insegna deresponsabile dell’agire. Sara Calanna, oltre che una sensibile attrice, in questo adattamento del testo di Anna Hurkmans, evidenzia
l’infanticidio attraverso il delirio verbale, insito
nel testo, spacciato come patologia di
nevrosi esistenziale che nulla ha da responsabilizzare con la colpa e
l’innocenza. L’idea di
<<carattere patologico>> non può tramutarsi in tragicità drammatica. Per tale motivo in questo interessante testo, per
ben fruirlo, bisogna
verificare le capacità di intendere e volere di colei che è
assillata da quel tipo di conflitto che può generare equivoci,
nel quale il volere individuale non può avallare, di per sé, la soluzione
ultima: l’infanticidio.
Singapore
sling di
Renato Giordano affronta il fenomeno non solo italiano del calcio/ scommesse e conseguenti manipolazioni dei risultati riguardo le partite. Ne sono protagonisti, in una
Singapore affaristica,
Coccodrillo e Gipsy, due personaggi che coniugano la furberia tutta italiana con il cinismo di chi sa
come va il mondo. Una commedia dove si ride molto, senza ignorare un fenomeno
che penalizza coloro che credono nei valori del sano agonismo. Giordano,
nel ruolo del boss-Coccodrillo, sorseggia Singapore Sling, il famoso cocktail
inventato nella città asiatica dal barman del mitico Hotel Raffles, mentre segue
le proiezioni internazionali di calcio; forte del suo strapotere economico,
capace di decidere con una semplice
telefonata, comunica ai bookmakers come devono essere i risultati delle
partite da lui appaltate. Dunque
l’argomento principe parte dai soldi, sovrastimandone il giro di affari illegittimo ma…fisiologico
come ossigeno e strumento di relazioni fittizie. Un deja vu: i soldi comprano
il potere, il potere garantisce i soldi.
Personaggio finale
( il Fantasma del Tordinona) di
Giancarlo Gori, rappresenta, con
qualche suggestione cechoviana, il
dramma di un vecchio attore stanco e in crisi, che nel buio del palcoscenico
vede materializzarsi un fantasma in smoking bianco e con la faccia di biacca,
E’ stato un attore, ucciso per amore da un rivale, che vive da anni in teatro.
Il testo gioca con grande abilità su un incontro- scontro che si conclude con
la morte del vecchio attore. Morire in palcoscenico era stato sempre il suo
sogno. Opera coinvolgente, anche di un sottile pirandellismo nel rapporto fra
verità e finzione.
L’autore proietta la propria quotidianità sulle pagine sia del testo che sulle
tavole del palcoscenico.
Il
problema
di Liliana Paganini riguarda una ex modella, ben sposata, che cerca in tutti i
modi di salvare la figlia incapricciata di un buzzurro nullatenente, a sfavore di un altro ragazzo, figlio di un
ricco imprenditore.
Cerca in tutti i modi di salvarla da una relazione sbagliata, ma non
riuscendoci alla fine usa le maniere forti: evira il buzzurro da cui era molto
attratta sessualmente la figlia. Ritratto duro di una madre non comune.
Anche in questo testo la finzione e
l’ambiguità sono due intriganti <<forme>> dello scrivere di teatro,
specialmente nella contemporaneità quando, per essere credibile, la scrittura
deve prima di tutto travestirsi o, probabilmente, confrontarsi con questi mutamenti dentro la generale crisi del senso e del
significato che, in questo testo tragicomico, instaura la castrazione come figurazione
retorica.
Angelica di Massimiliano Perrotta è il dialogo di
un vecchio signore con una giovane ragazza che si incontrano sulla panchina di
un giardino pubblico. Ma è solo apparenza. Quella ragazza in realtà, suo grande
amore, è morta da tanti anni. La poesia di questa tematica si
evolve scenicamente in uno stato di passaggio, in uno spazio dove domina la solitudine,
espressione di un sentimento soggettivo di non avere nessuno accanto,
l’isolamento sociale, derivato dalla mancanza di comunicazione e di contatto
con altri individui e con la società. In questo dialogo nostalgico dell’indefinito vissuto soprattutto dalla popolazione anziana,
il compito dell’autore di teatro è anche quello di essere rivelatore della
confusione mnemonica dell’oblio.
Conversazione sublime di Luisa Sanfilippo ( scrive
Giovanni Antonucci) è un finissimo
testo per qualità drammaturgica e letteraria insieme. Storia
d’amore che si trasformerà in amicizia
fra il grande poeta Rainer Maria Rilke e
Lou Salome, psicanalista e scrittrice.
Ne sono protagonisti L’ Angelo poetico che nutre l’immaginazione
lirica di Rilke e Lou Salome che
fu guida decisiva del poeta fino alla sua morte. Nel testo della Sanfilippo è la parola
Rilkiana, uno dei nodi centrali della dimensione poetica che l’autrice riesce a
conservare sia nella composizione testuale sulla superfice della pagina, sia
nel proprio sviluppo scenico di pronuncia, di timbro, altezza, intensità durata
dell’intonazione che si fa spessore sonoro. Pronuncia melodica, epifania
auditiva, corredata da una spazializzazione del testo che, nel palcoscenico,
trova rivelazione nel gesto e nei movimenti a ispessire l’ipersegno poetico
formale e subliminale.
Fellini
e l’inconscio di Marco Sani e Gino Saladino è una full
immersion nel mondo di Fellini, attratto da sempre, come rivelano tutti i suoi
film, dai temi della psicanalisi e della parapsicologia. Un’opera intrigante,
sottile, che svela felicemente le motivazioni di film ancora oggi coinvolgenti. La
rappresentazione si svolge con due personaggi: Fellini è seduto su una sedia di
fronte ad un tavolino e l’altro attore che rappresenta l’inconscio in tuta
intera nera che si muove sul palco. Alle spalle un video con filmati
felliniane. Nel dialogo scenico con i due personaggi : l’inconscio & Fellini,
avviene un interessante scambio su una pluralità di significati contestuali:
quella
onirica e quella reale, tra loro complementari.
Totò Panebianco, La
singolare favola vera di
Salvatore Scirè, ambientata nella Sicilia contadina di un tempo, vive tutto su
Totò, uomo candido
e mite le cui sciocche stramberie quotidiane, con delle
manie eccentriche
e col proprio agire singolare, si prestano a divenire oggetto di
una satira pungente e spiritosa in paese. la sua innocenza, tutelata e vigilata dai
paesani, acquista un sapore di autenticità, anche se quotidianamente assediato
e dileggiato da disturbanti mocciosi. Alla
sua morte tutto
il paese partecipa al suo funerale. Questa partecipazione post - mortem pone l’accento
di una unità religiosa, viva voce popolana, che influisce sull’nimo umano. Un pastello
scenico realizzato con tutti i crismi favolistici scritto con tenerezza in cui l’autore porta alla luce
come a riscoprire una memoria teatrale isolana omologa al clima delle giovanili
Novelle per un anno di Pirandello.
Vincenzo
Sanfilippo.
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