Raffaele Aufiero - Tre testi teatrali




di Vincenzo Sanfilippo - Ed. Studio 12 - Roma, 2006






Raffaele Aufiero: TRE TESTI TEATRALI 
Edizione STUDIO 12

Un volume di 120 pagine con in copertina la riproduzione di un dipinto attribuito a Verio, 1670, raffigurante una scenografica piazza con case d’epoca e molte maschere italiane e francesi della commedia dell’arte.
Raffinata edizione di Studio 12, la casa editrice diretta dalla signora Isabella Peroni, attentissima a promuovere autori meritevoli di essere valorizzati come nel caso di Raffaele Aufiero, scrittore e saggista, originario di Pagani (SA) ma operante a Roma. 
Lo presenta in volume Enrico Bernard con una pregevole prefazione dove analizza lo stato del teatro (di autore) italiano contemporaneo, citando una sfilza di grandissimi nomi che hanno dato prestigio alla nostra drammaturgia trovando conferma sia nel Nobel a Dario Fo, come nel premio Oscar del duo (teatrale e drammaturgico) Benigni- Cerami, oppure, per fare un altro esempio clamoroso, nel successo della trasposizione cinematografica dei testi e della maschera teatrale di Troisi. 
La drammaturgia contemporanea (di cui Aufiero fa parte essendo anche da tre anni Segretario Generale del Premio Internazionale di Letteratura Religiosa Città di Pagani, SA) si avvale di categorie linguistiche che appaiono ben esplicitate in questa sua trilogia costituita da tre testi teatrali a più personaggi, dove l’autore ci riserva una geografia drammaturgia del centro sud. Influenza la forza del suo linguaggio una scrittura-scenica che si fa poesia diretta, senza filtri o falsificazioni, favorendo possibilità di ampie connessioni di pensiero mutuato dalla tradizione di un teatro vivo dove l’arte scenica, attraverso il progetto testuale di scrittura qualitativa, riconquisti la sua dignità e vocazione.
Avviene questo attraverso i problemi centrali della semantica e della fonetica a un livello di struttura profonda, dove un nuovo linguaggio teatrale socio linguistico nasca dal possesso di un sapere scenico in cui l’innovazione sia più forte della norma. 
La lettura dei tre testi teatrali, su cui si impernia la "scoperta della variazione" cioè di tre diversi plot narrativi che raccontando lo stesso humus di mescolanza e di stratificazione, mostri risultati convergenti nell’imprinting di questa trilogia di Aufiero.
"Ultimi giorni di Pompei", commedia drammatica in due atti, ambientata ai giorni nostri in una hall di albergo non di lusso sulle sismiche pendici del Vesuvio, narra una sospensione meta-temporale, tra passato remoto che diventa passato storico, prima di trasformarsi in attualità di accecante drammaticità sociale.
Il dramma, sulla falsariga della tetralogia "Gli ultimi giorni dell’umanità", satira spietata della società viennese dello scrittore austriaco Karl Kraus, racconta attraverso i detriti del linguaggio, le umane miserie, corruzioni, mafie, ipocrisie e falsi idealismi di una umanità in procinto di misurarsi con l’ora di una devastante eruzione. E il vulcano assurge, in questa dimensione apocalittica, a metafora di purificazione di una comunità devastata da antichi malanni. 
La dinamica complessa delle fratture del sociale la ritroviamo in "Buongiorno, professore!" atto unico ambientato in sala professori di un istituto tecnico commerciale di un piccolo centro del Sud, dove dei professori., ex sessantottini militanti che si sono tirati fuori dal "gruppo di fuoco", riflettono col senno dell’età matura, ritrovandosi appiattiti sull’orizzonte d’una quotidianità piena di rimorsi, mentre osservano impotenti il disagio dei propri studenti, dei propri figli, sempre più soli e fragili; probabilmente perché diventati adulti, hanno pensato a costituire un gruppo sociale garantito in cui ognuno si è costruito delle attenuanti, come pressione della ragione sulla coscienza. 
Una dinamica che si evolve nella deliziosa parodia para-filosofica in "Corsi, ricorsi e concorsi" con il professore Giambattista Vico, Cartesio e un gesuita, tra i personaggi, quale esercizio dello spirito critico, la cui efficacia si rivela attraverso una ilare erudizione impastoiata di francesismi e dialetto napoletano, dove gli arrovellamenti del "Discorso sul metodo" risultano vigorosi nella gnoseologia ma fallaci nell’ontologia.
Una piacevolissima lettura di un autore con le carte in regola che confermano la fecondità e inedite energie creative della drammaturgia contemporanea. Aufiero pur rispettando la tradizione scritturale riesce nella forma compiuta del testo a far intravedere sviluppi inattesi attraverso la forza del suo linguaggio che è pensiero vivente, agito in prima persona.
Presentando questo autore del centro Sud stiamo parlando di un teatro che formi un pubblico nuovo e più aperto ai lavori di nuovi autori, che sappiano rivolgersi alla collettività, all’assemblea di un pubblico non generico, che si riunisce in sala aspettandosi dall’imprenditoria teatrale nuove proposte e non subire invece, stagione dopo stagione, la solita programmazione convenzionale.

Vincenzo Sanfilippo
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