Teatro e no



di Alfio Petrini, "Inscena", marzo/aprile 2005






"Teatro e no"

Alfio Petrini

"INscena", marzo/aprile2005

Lo specchio è infranto? Paolo Guzzi, nel suo libro "Teatro e no" ( Giubbe Rosse, Firenze, 2004, euro 15,50 ), risponde di sì alla domanda, aggiungendo che "lo spettatore non assiste più allo spettacolo per trovare, secondo Aristotele, nella mimesi la soluzione dei propri problemi". Una mimesi che non tende ad affrontare i grandi problemi dell’umanità, ma che si fa piccola piccola e che conferma ciò che già si conosce. Il che vuol dire in altri termini negare al teatro la funzione di rappresentazione della realtà, che è tale se questa è ri-creata e se prende in esame l’uomo totale, plurale e indivisibile. 
Partendo da queste premesse, l’autore attraversa le esperienze più significative del teatro di ricerca italiano, tratteggiando diverse linee di tendenza e poetiche, per soffermarsi sul cosiddetto "teatro del verbo visivo" degli anni 60, che ha visto protagonisti, tra gli altri, Eugenio Miccini e Lamberto Pignotti. Con i loro "spettacoli di poesia" mettevano in discussione (come ricorda lo stesso Miccini nell’introduzione) generi, rituali e codici culturali, contribuendo a creare una significativa e rigenerante "confusione" nel campo tormentato della produzione artistica. Il "teatro del verbo visivo" non prevede personaggi e non comporta spettacoli. Consiste in azioni performative realizzate da "artisti-personaggi di loro stessi", che cercano l’affermazione del partito preso e della pluralità del linguaggio attraverso la comunicazione transitiva.
Teatro e no" è un libro utile, scritto con sapienza leggera e raffinata competenza. Tende a interpretare segnali e a rilanciare il significato profondo di alcune esperienze artistiche per trarne "conclusioni inconcludenti", sostenute tuttavia da una tensione culturale attiva e presente Quella di chi, in un mondo privo di seduzione, crede che non si debba perdere la voglia di sedurre e il desiderio di essere a sua volta sedotto.
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