A chi 'o vaie a dicere



di Raffaele Aufiero - Teatro Tordinona - Roma Maggio 2004








A chi ‘o vai a dicere di e con Antonio Tramontano

Presentato alla rassegna Schegge d’Autore quest’anno, lo spettacolo A chi ‘o vai a dicere del quale Antonio Tramontano è autore, regista e unico protagonista prende le mosse dal più diffuso stereotipo storico-cultural-sociale che aduggia l’anima partenopea da sempre.
Il napoletano come colui che si lamenta in continuazione, anche quando non ne ha motivo, che si lamenta per esprimere il suo disagio nell’intessere rapporti con gli altri o nel cercare la corretta dimensione del vivere, ma soprattutto perché cerca visibilità pubblica, ovvero attraverso la lamentazione cerca di fare breccia nell’attenzione (commiserante o no, pietistica o no) del prossimo: maldestra attuazione di quel narcisismo congenito nell’uomo a tutte le latitudini, ma espresso con i modi della "tragedia greca" da coloro che vivono all’ombra del Vesuvio.
Ma nella commedia di Tramontano, quell’io parlante e multiforme (ora atavica nonna che racconta le storie, ora nipote ascolta quei cunti dubitando della loro attendibilità, ora addirittura misterioso direttore, deus ex machina, cui ci si rivolge per vere conferma di intuizioni o smentite su azzardi di riflessioni e considerazioni) è uno strano impasto di continuità e di contiguità della tradizione perché ci accorgiamo subito che se ne discosta e va a disegnare un profilo autonomo, sullo sfondo di motivazioni ideali più complesse che nello spettacolo si traducono in godibili scenette montate sui ritmi inequivocabili e riconoscibili della poesia, per condurci a prendere coscienza di una novità insolita.
E se invece uno, un napoletano, un partenopeo, che la tradizione vuole ciarliero delle sue disgrazie, disattende questo presupposto ingeneroso per quanto legittimo, si ribella, qui, come fa Antonio Tramontano con la forza della poesia e la sagacia dell’ironia, e dichiara al mondo, non solo quello indolente e sonnacchioso all’ombra del Vesuvio, che invece lui è felice, appagato, che sta bene con quel suo corpo attaccato alle ossa, con i suoi pensieri che gli riempiono ‘a capa, che la vita e il prossimo non costituiscono per lui il pretesto per esercitare un vieto vittimismo, allora a chi ‘o vai a dicere?
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